Sotto la Croce

maria-donne-croce-20150401110904Non c’è educazione alla parola. Viviamo un’epoca di emergenza linguistica che è anche emergenza educativa. Guardando i ragazzi, ascoltandoli mi convinco sempre di più che “non sanno quello che dicono” e “dicono quello che non sanno”.

Partiamo dal presupposto che le parole tutte o quasi tutte sono state sdoganate, non esistono parole impronunciabili. E se queste non esistono, non esisteranno neppure idee e pensieri che non possono essere espressi. Tutto si può dire e questo a prescindere dal contesto in cui ci troviamo. Non esiste pubblico e nemmeno privato ma un unico grande palcoscenico della vita sul quale ognuno pronuncia le sue parole sotto gli occhi di familiari, colleghi di lavoro, amici, conoscenti, perfetti sconosciuti. Prima eravamo più nascosti e al tempo stesso più responsabili del nostro linguaggio, adesso siamo continuamente esposti e incapaci di difenderci. L’unica possibilità di difesa che ci resta è sparare a zero nel mucchio, sperando di colpire qualcuno con le nostre pallottole verbali. Viene da se che la cosiddetta “parolaccia”, sia la prima a servirci, a venirci in soccorso, in questo gioco al massacro.

I ragazzi sono così, mostri linguistici abnormi, un “insulto” per se stessi e per chi gli capitata a portata di mano. Tutto questo in una certa misura c’è sempre stato, e nessuno quindi si sorprende o punta il dito sulle nuove generazioni. C’è un fatto però che non torna: come per essere giovani è sempre più necessario lo sballo, di alcolici droghe e sesso, così sembra necessario e auspicabile lo sballo linguistico. Tutto viene istituzionalizzato, diventa alla portata di tutti, fa parte di cultura e valori condivisi, mode e tendenze.

E’ un parlare senza ascolto che quindi non diventa comunicazione, ma solo ed unicamente sfogo. Domande che non trovano risposte e risposte che non hanno domande perché nessuno le ha mai fatte. Bullismo linguistico e strafottenza, come quello dei soldati e di quanti sotto la croce si prendevano gioco di Cristo, il Venerdì Santo. Superficialità nel giudicare e condannare il prossimo, mancanza di rispetto.

Ebbene mentre tutto ciò veniva sciorinato sotto la Croce Santa, ieri, come oggi, dai giovani di allora, come dai giovani di adesso, c’era un uomo appeso lassù, un Dio, che invocava perdono e misericordia. Queste le sue ultime parole questo, l’inizio della nostra Resurrezione.  Pater dimitte illis non enim sciunt quid faciunt  Luca 23,34

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