L’urgenza che sento per questo nostro tempo è ripristinare il dialogo, la comunicazione con Gesù. Il dibattito su i valori, sulla difesa del fidei depositum, sull’appartenenza all’uno o all’altro Papa, il dialogo interreligioso ecc ecc (e chi più ne ha più ne metta nel calderone delle quotidiane chiacchiere cattoliche su web e tv) mi sembrano tutti secondari rispetto alla necessità di riuscire a trovare il modo di far conoscere alle nuove generazioni (guardo ai giovani ma il discorso è valido per tutti) come incontrare e riconoscere Gesù. Ma di che stiamo parlando? Dove lo trovo? Come lo riconosco?
Abbiamo tracciato una serie di percorsi, di strade per impegnarci, per impegnare la vita e fare del bene al nostro prossimo, ma siamo rimasti il più delle volte senza benzina, senza energia per andare avanti. E questo ci può anche stare, ma il problema è un altro. Non sappiamo dove rifornirci, non sappiamo come rifornirci. Viviamo spesso una relazione con Cristo che è secondaria, il più delle volte per sentito dire. Cioè ci occorre sempre la mediazione di una o più persone che ci istruiscano sulla religione. In senso ampio e generico. Figuriamoci delle cose di Cristo, quanto poco conosciamo. E pensare che questa Persona va in cerca di un rapporto diretto con noi. Vorrebbe una relazione Io-Tu come direbbe M. Buber. Addirittura in alcune circostanze vorrebbe fare a meno del nostro padre spirituale che per noi è come un fratello ormai.
Ma come posso mettermi a parlare con un’Idea o a ben pensare con il Nulla. Vivente!? ma come, dove e quando lo trovo, incassato come sono nei pensieri della mia mente, per quanto alti e puri possano essi diventare. Vivente e presente. Presenza del presente. Ma forse sono solo giochi di Parole. Me lo figuro, me lo pongo, me lo immagino lo presuppongo a priori e poi ci ragiono e ricamo su. Sono sempre io che nel pensier mi impazzo!
Un Vivente dovrebbe poter parlare, comunicare con me in qualche modo. E allora ci sarebbero le mie parole e le sue parole, distinte diverse le une dalle altre. Dovrei poterlo toccare, o quantomeno sentire il suo alito vicino a me. Se tutto ciò non è possibile allora la mia fede In Cristo non ha ragione di essere, varrebbe poco più della mia fede calcistica. Questa esperienza o l’abbiamo fatta oppure non possiamo dirci Cristiani. Da qualche parte nella mia vita devo averlo incontrato, devo poter aver avuto accesso ad un linguaggio nuovo, ad un suono profondo che si sprigionava dal di dentro. O corro il rischio di dire di me stesso che sono diventato un pazzo, oppure rinuncio, mi adagio, mastico quello che altri hanno già sputato e vomitato.
C’è bisogno di persone in grado di comunicare la loro esperienza unica e irripetibile, di raccontare la relazione con Cristo, di farlo con la loro vita soltanto o con parole, scomparendo, diminuendo, nascondendosi dietro e dentro, affinché si possa anche noi ritrovare la strada, ritrovare l’accesso. Questo soltanto conta: non l’eccezionalità dell’Evento e della persona che lo vive, ma la possibilità che esso sia per tutti, ad una spanna da ciascuno di noi.